1 La leggenda di "Aci e Galatea" Sab 02 Gen 2010, 7:38 am
SognoIncantato
Modératrice grotte
La leggenda di Aci e Galatea
- Appena i primi raggi di sole toccarono le
magiche acque, dell'arcipelago lacheo, da queste balzarono fuori le dolci
ninfe dalla pelle color latte.
Gioiose e festanti si diressero sulla spiaggia.
L'incantevole luogo le accolse con la sua natura ridente.
Le graziose ninfe, si misero a giocare sulla riva inseguendosi con allegre
grida di richiamo, ma i dolci suoni non poterono che destare l'attenzione
del ciclope Polifemo abitante quei luoghi.
D'un tratto apparve dalla collina il gigantesco figlio di Poseidone.
L'occhio solo che gli spiccava sul volto, in mezzo alla fronte, suscitò un
terribile spavento nelle ninfe, ma il ciclope sparì all'improvviso così come
era apparso.
- Polifemo, signore del luogo e ministro di
Efesto, il dio del fuoco, lavorava con gli altri ciclopi nella sua fucina,
all'interno dell'Etna, dove venivano fabbricati i fulmini per Zeus e si
creavano opere mirabili come l'armatura di Achille.
Di tanto in tanto nei giorni seguenti Polifemo fece nuovamente le sue
brevi apparizioni alle ninfe così che queste vi si erano ormai abituate.
Il ciclope aveva messo il suo occhio su Galatea e chi non lo avrebbe
fatto: era bella e dolce come nessun'altra creatura, quando si muoveva
sembrava danzasse con lei tutta la natura, padrona di quei luoghi.
La ninfa ogni giorno, quando il disco solare cominciava a scendere verso
occidente, lasciava la spiaggia dove erano le proprie sorelle e si dirigeva
verso la scogliera.
Li stava ad attenderla Aci, un pastorello del luogo di cui la ninfa era
innamorata. Il giovane pastore era figlio del dio Pan, protettore dei monti
e dei boschi .
- Aci amava Galatea tanto quanto lei e appena
la ninfa spuntava gli occhi gli si riempivano di gioia e il cuore gli batteva,
cosi forte che i battiti si mescolavano a i suoni della natura.
"dolce amore sono qui, come potrei vivere senza di te", diceva Galatea
appena giunta.
E Aci ogni qualvolta, ella arrivava, gli ripeteva:"Rimani sempre con me, la
mia capanna immersa nel bosco, al di là della collina, sarà la nostra
dimora d'amore".
Galatea sapeva che non gli era concesso allontanarsi per sempre dalla
regia di Poseidone, dio di tutti i mari, ma ugualmente rincuorava il suo
amato: "Ogni giorno che il mare carezzerà questa incantevole spiaggia io
sarò con te".
I due amanti stretti nel loro amore attendevano le prime ombre della
sera, che pian piano scendevano dalle colline fino al mare e, che
segnavano il loro quotidiano distacco.
"Amore a domani", così dicendo Galatea tornava ad immergersi nelle
spumeggianti acque dell'arcipelago lacheo.
Una mattina i gioiosi giochi delle ninfe furono interrotti da un satiro
messaggero di Polifemo.
"oh ninfa galatea il grande Polifemo desidera che tu venga con me",
esclamò subito. La dolce galatea, sorpresa, non ebbe il tempo di aprir
bocca che il satiro: "Io ti condurrò nella sua dimora affinché tu diventi la
sua sposa".
Galatea irruppe in pianto. Le ninfe allora le si avvicinarono e la
consolarono. Poi la dolce ninfa ancora con le lacrime agli occhi disse
rivolta al satiro: "Va da Polifemo e digli che sono lusingata della sua
proposta, ma io non posso amarlo perchè il mio cuore è già di Aci".
Detto questo la ninfa si lasciò nuovamente andare allo sconforto: "perché,
perché proprio io, dolce amore che stai nei boschi ancora all'oscuro dei
tormenti che ci attendono".
Intanto il satiro con la cattiva notizia era giunto davanti all'ingresso della
grotta di Polifemo.
Il Ciclope sentitolo arrivare gli si fece incontro.
"Dimmi satiro dov'è Galatea?"
Il satiro timoroso tentennava ma poi non poté fare a meno di raccontargli
tutto.
Un urlo bestiale uscì dalla gola del terribile Ciclope.
Sradicati decine di alberi con le sue possenti mani, prese il satiro e lo
lancio contro una roccia. Colmo di rabbia cominciò a battere con i pugni
sulle pareti della grotta, e lo sconquasso fece tremare tutta la montagna.
"Maledetto Aci, tu piccolo insignificante pastorello rubi a me signore di
questi luoghi, figlio di Poseidone, l'amore di Galatea".
Il Ciclope ancora pieno d'ira si incammino verso la spiaggia con nefaste
intenzioni.
Intanto Aci e Galatea si erano incontrati come al solito e la ninfa, ancora
con gli occhi arrossati aveva raccontato tutto al suo pastorello.
"Amor mio asciugati le lacrime, basta esser tristi, ti giuro che mai, ne
Polifemo, ne altri mostri potranno dividerci". Aci, dette queste parole,
strinse la ninfa in un tenero abbraccio, poi Galatea come al solito si
immerse nell'acqua per andare via.
Mentre Aci si stava incamminando per il bosco, pensando ancora al suo
amore, gli apparse il terribile Polifemo.
Il Ciclope accecato dalla gelosia sradicò dal suolo una enorme roccia e la
lanciò addosso ad Aci, schiacciandolo.
- Il corpo del povero pastorello era, lì, sotto la
roccia senza più vita.
Appena la notizia giunse a Galatea questa accorse dove era il corpo di
Aci. Alla vista del suo amore gli si gettò addosso piangendo tutte le
lacrime che aveva in corpo.
Il pianto senza fine di Galatea destò la compassione degli Dei che vollero
attenuare il suo tormento trasformando Aci in un bellissimo fiume che
scende dall'Etna e sfocia nel tratto di spiaggia dove solevano incontrarsi i
due amanti.